Sanremo 2011: Benigni arringa gli italiani (e racconta un po’ di balle)

 

venerdì 18 febbraio 2011 12.10


Ahi ahi ahi, professor Benigni! La sua concione al Festival di Sanremo è stata a di poco imprecisa, per non dire del tutto farlocca… e sì che, da uno che avrebbe dovuto illustrare “l’esegesi” dell’inno d’Italia e che entra in teatro in sella a un cavallo bianco (che però in questa particolare occasione fa un tantino Caligola), ci si sarebbe potuti aspettare un tantinello di più, soprattutto considerato che lei si fregia di essere un sommo intenditore di storia e letteratura italiana.

E invece di panzane ne abbiamo sentite parecchie.

Ecco alcune delle frottole più memorabili: Cavour, Mazzini e Garibaldi sarebbero stati giovincelli all’atto della fondazione dello stato italiano (“stato”, ricordiamo e non repubblica, perché fino a al termine della seconda guerra mondiale l’Italia ebbe un re), quando avevano rispettivamente 51, 56 e 54 anni – certo non decrepiti, ma nemmeno propriamente imberbi…

Stessa giovinezza viene attribuita a Goffredo (Gotifredo) Mameli, paroliere dell’inno italiano e a Michele Novaro, autore della musica. Anche questa è una panzana: Mameli morì a 22 anni (non 20 come dice Benigni), ma nel 1849 e non vide l’unità d’Italia, venne ferito alla gamba dalla baionetta di un compagno d’arme, mentre difendeva la cosiddetta repubblica romana. Novaro, invece, all’epoca dell’unità d’Italia aveva 43 anni.

Ecco altre panzane ancora più notabili: Cavour, Mazzini e Garibaldi morirono poveri, addirittura più poveri di quando iniziarono a dedicarsi all’impresa di fare l’unità d’Italia.

Ora, se è vero che Giuseppe Mazzini morì sotto falso nome e da latitante, la cosa avvenne soltanto perché la polizia del regno lo stava per arrestare, in quanto la sua idea era quella di unificare l’Italia per farne una repubblica e i Savoia, sotto questo profilo, non tolleravano granché la libertà di pensiero (alla faccia del paradiso libertario descritto da Roberto Benigni). Cavour morì proprio nel 1861 da latifondista, anch’egli in declino politico, ma non propriamente un pezzente… Quanto a Giuseppe Garibaldi, gli venne concessa l’isola di Caprera e soldi per finanziare i propri progetti (forse non tutti sanno che fu lui a fondare l’ente per la protezione degli animali) e in seguito divenne parlamentare di diverse camere locali in Francia. Infine il neonato stato italiano gli garantì una rendita dorata per fargli passare una vecchiaia agiata (50mila lire annue – un patrimonio, all’epoca – che Garibaldi inizialmente rifiutò, solo per poi accettarle a distanza di un anno).

Sulla corbelleria di Garibaldi “eroe dei due mondi“, che è un titolo riconosciuto solo in Italia (di sicuro non nelle Americhe) giova ricordare che gli argentini, lungi dal ringraziare il nostro eroe per le sue nobili imprese, gli mozzarono il lobo dell’orecchio sinistro perché così facevano con i ladri di cavalli. Questa mutilazione è tra l’altro il motivo per cui Garibaldi portava i capelli lunghi fino a coprire le orecchie.

Ma – come si diceva in apertura – queste sono solo le frottole più smaccate e marchiane contenute nello sproloquio di Benigni, che, per il resto era infarcito di lughi comuni (anch’essi altrettanto fasulli).

Insomma, caro professore… meriterebbe di essere rimandato a settembre.

Sempre che, s’intende, le imprecisioni non nascano invece da preciso desiderio di falsare la storia…


Aggiornamento: Sanremo 2011: primo Roberto Vecchioni, seconda Emma Marrone, terzo Albano