Lettera ad Avvenire chiede il boicottaggio di Habemus Papam
lunedì 18 aprile 2011 12.58
Gli anni ’70 e ’80 a qualcuno non hanno insegnato proprio niente. All’epoca si facevano film da due lire (l’euro non c’era ancora) che puntavano a sbancare ai botteghini solo per l’effetto combinato di stroncature apocalittiche della stampa e veti imposti dalla censura. I film in questione (potrei citare tra i vari rappresentanti del genere Cannibal Holocaust, finto documentario in cui recitò un esordiente Luca Barbareschi) stavano fuori un paio di settimane e poi venivano ritirati, ma non faceva differenza: in condizioni normali sarebbero stati fuori anche meno, mentre in quel pur ridotto lasso di tempo riuscivano comunque a fare molti più soldi di quanti mai ne avrebbero fatti se intorno a loro non si fosse sollevato quel gran polverone.
Lascia quindi un po’ perplessi l’invito del vaticanista Salvatore Izzo che, in una lettera aperta al quotidiano Avvenire, invita i cattolici a boicottare l’ultimo film di Nanni Moretti, Habemus Papam.
Le argomentazioni di Izzo, pur valide e sicuramente veritiere, da un punto di vista cattolico, non tengono conto di due fattori: in primis, che, secondo stime recenti della CEI, i cattolici osservanti non vanno oltre il 10% della popolazione, secondariamente che forse un invito come questo era proprio quello che Moretti stava aspettando per veder garantito al suo film un successo che forse non merita.
Se invece c’è un aspetto da sottolineare dei film di Moretti è che normalmente sono lenti, noiosi e “a tesi”, elemento che li rende ancora più insopportabili, a meno che non si sia grandi fan del regista romano.
Poi sicuramente è vero: un film sulla Chiesa, girato da un ateo e anticlericale convinto è paragonabile a un film sull’astrofisica girato da chi non abbia nemmeno completato la scuola dell’obbligo; il fatto che poi la pellicola esca a ridosso della Pasqua denota una chiara volontà polemica da parte di autori, produttori e distributori, però… però vale la regola aurea di sempre “che se ne parli bene, che se ne parli male, purché se ne parli” e, in questo caso, ogni parola spesa in più contro Moretti, vale più o meno un migliaio di biglietti in più al botteghino.
Del resto anche con Caos calmo il regista aveva tentato un’operazione analoga, puntando sullo scalpore suscitato dalla esplicita scena di sesso con Isabella Ferrari (e il porno non a caso era uno degli altri elementi che di norma veniva censurato negli anni ’80).
Quand’è che i soloni della cultura finiranno di cadere in così banali e trite trappole di marketing?