Chavez E Stone Trionfo Al Festival Di Venezia
martedì 8 settembre 2009 10.42
Quella del 2009 passerà alla storia come una delle edizioni più politicizzate del festival di Venezia. E mentre la città lagunare affonda sempre di più (letteralmente), come il Titanic, le stanche cicale intellettualoidi, che non perdono tempo nelle autocelebrazioni di un sol dell’avvenir che ormai è tramontato definitivamente da un pezzo, vanno avanti a cantare e ballare, senza vedere che la nave cola a picco.
Trionfo l’altro ieri per Michael Moore e il suo Capitalism: A Love Story, condito da inevitabile e scontato attacco al governo italiano in carica, antipasto antiberlusconiano con Videocracy – Basta apparire e poi, dopo la pars destruens, arriva la presunta pars construens, con il presidente venezuelano Hugo Chavez e il cineasta americano Oliver Stone (uno che di capitalismo ne sa qualcosa), a far vedere quanto è bello vivere in Sudamerica, con un presidente senza opposizione e con poteri assoluti (ma con il petrolio).
Già, perché nell’ultimo periodo della sua produzione, Stone ha scelto il documentario, come mezzo espressivo d’elezione e a quanto pare è sempre più affascinato dai regimi sinistroidi dell’America latina e allora, dopo aver fatto vedere quanto si vive meravigliosamente nella Cuba di Castro (con il film Comandante), ci mostra ora le meraviglie del progressismo venezuelano.
Al festival il dinamico duo è stato accolto in pompa magna dai comitati No Dal Molin, che protestano contro l’allargamento della base aerea americana e ne vorrebbero addirittura la chiusura totale e da qualche ammiratore venezuelano del presidente Chavez, che ha iniziato a intonare l’inno nazionale, dando occasione al suo primo cittadino di canticchiarne la prima strofa.
Nei panni della star, per altro, il presidente latinoamericano si è trovato completamente a proprio agio, ha rivelato di essere stato innamorato di Gina Lollobrigida in gioventù, di essere amico dei presidenti Napolitano e Berlusconi, di voler incontrare il Papa e di stimare Obama, di non gradire Israele (echi del suo recente incontro con il presidente iraniano Ahmadinejad?), ma di trovare simpatici gli israeliani (se lo dice lui…).
Unica nota stonata e al di fuori del coro (o meglio dire: della claque?) la protesta di due cittadini colombiani che – almeno loro – hanno avuto il coraggio di denunciare una situazione totalmente diversa nel Sudamerica reale.