R4 e Nintendo: come stanno veramente i fatti?

 

giovedì 19 marzo 2009 11.11

Come ormai tutti i videogiocatori hanno avuto modo di apprendere, da qualche mese è in corso, presso il tribunale di Milano, una causa tra Nintendo e Pcbox S.r.l., società di Firenze operante nel campo dell’import e rivendita di apparecchiature elettroniche e, in particolar modo della cartuccia R4, oggetto del contendere, che consente di far girare sulla console Nintendo DS software autoprodotto dagli utenti (per approfondimenti rimandiamo alla relativa voce di DS_homebrew” target “_new”>Wikipedia) e copie (illegali) di giochi, scaricabili senza troppi problemi da Internet.

Dopo aver spiegato i termini della questione in un paio di articoli precedenti, un paio di settimane fa avevamo dato notizia di un comunicato stampa diffuso da Nintendo, nel quale, in merito alla causa suddetta si asseriva che “Nonostante il ricorso in appello da parte della PCBox S.r.l., il tribunale ha confermato la propria decisione, creando così un importante precedente contro la vendita di game copier e mod chip in Italia” e si dichiarva altresì che “Il tribunale ha stabilito che mod chip e game copier sono per se vietati dalla legge“, definendo “irrilevanti le motivazioni della difesa: questi dispositivi non sono utilizzati per espandere le funzionalità della console, ma nascono con il preciso obiettivo di consentire l’utilizzo di copie illegali“.

Orbene, in realtà c’era sembrato strano che, visti i tempi notoriamente lunghi della giustizia italiana, un tribunale potesse essere già arrivato al secondo grado di giudizio (cioè alla sentenza d’appello) nel giro di qualche mese dal deposito della querela e aberranti c’erano sembrate le motivazioni sopra riportate, perché la legge di solito impone ai magistrati civili (e amministrativi) di basarsi sui fatti e di non fare il processo alle intenzioni (che hanno uno spazio nel processo penale, ma non in questi termini). Per altro un vecchio principio giuridico stabilirebbe che “l’abuso non toglie l’uso“, cioè: mettere fuori legge un mod chip come l’R4 perché qualcuno ne può fare un uso illecito, usando software illegale, sarebbe come mettere fuori legge le automobili perché esistono i pirati della strada. E, soprattutto, per dovere di croncaca, ribadiamo che l’R4 non è un game copier, visto che non è possibile copiarvi dei giochi, ma tutt’al più caricarvi su giochi scaricati (illegalmente) da Internet.

Detto questo, puntuale è arrivata in redazione la smentita di Pcbox S.r.l., che, in un altro comunicato spiegava che “non vi è stata alcuna sentenza, visto che la causa di merito non è neppure iniziata, e la prima udienza è prevista per giugno 2009” e che i fatti cui Nintendo si riferisce sono in realtà relativi a un provvedimento cautelare, emesso dal Tribunale in attesa che il processo abbia il suo regolare svolgimento.

In particolar modo, tale procedimento cautelare è stato confermato, respingendo così il relativo ricorso di Pcbox, ma i giudici non avrebbero acconsentito alla pubblicazione del provvedimento.

Nel comunicato di Pcbox è molto diverso anche il pronunciamento dei giudici in merito alla questione di fondo (cioè la liceità del chip R4): “Ogni più approfondita indagine quanto alla destinazione dei dispositivi PCBox e al mercato dei giochi liberi, appare preclusa, per la complessità degli accertamenti sottesi, in questa sede cautelare“.

Fatte queste precisazioni, che sono doverose per un organo informativo come il nostro, ci sia concesso di dire qualcosa a margine di questa scabrosa vicenda: diamo per scontata la buona fede di tutti i protagonisti e quindi siamo sicuri che, se errore c’è stato nel fornire notizie alla stampa, sia stato sicuramente involontario, quel che è certo, però, è che occorrerebbe più attenzione e meno fretta nel rilasciare dichiarazioni ufficiali, perché, come diceva Manzoni “voce dal sen fuggita/ più richiamar non vale” e spesso le parole pesano come macigni.

Attenderemo a questo punto le conclusioni del primo grado di questa vicenda e daremo notizia solo di sentenze definitive, perché – francamente – in questa guerra di comunicati, ci siamo un po’ stufati di dover pubblicare continue rettifiche.