R4 condannato? Forse sì, anzi no…

 

mercoledì 28 gennaio 2009 13.21

S’ingarbuglia sempre di più il bisticcio giuridico tra Nintendo e Pcbox srl, titolari del sito Recoverybios.com e distributori italiani di diverse schede e modchip per consentire di far girare sulle console software cosiddetto homebrew (ossia “fermentato in casa”, cioè sviluppato dagli utenti e non ufficiale), tra questi anche l’ormai famigerato “R4 Revolution“.

La scorsa settimana Nintendo aveva diffuso un comunicato stampa, dando un aggiornamento sulla causa tempo addietro promossa dall’azienda presso il Tribunale di Milano contro quelli che essa definisce impropriamente “Game Copier” (non è infatti possibile copiare un gioco originale con un semplice Modchip, come, appunto, l’R4, anche se è pur sempre possibile farne girare un’immagine illecitamente scaricata da Internet).

Secondo il comunicato in questione il Tribunale di Milano aveva “ordinato l’immediato ritiro dei dispositivi illegali per console Nintendo, come l’R4 Revolution per Nintendo DS, venduti dalla società PCBox Srl di Firenze“.

Orbene, questa frase è stata malinterpretata da alcuni colleghi della stampa che hanno iniziato a parlare di una condanna, forse anche per l'”illegale” aggiunto impropriamente nella frase sopra riportata – per poter definire tale il dispositivo in questione, dovrebbe infatti essere stata emessa una condanna passata in giudicato, cosa che, per il momento, ancora manca.

In un nuovo e più recente comunicato, giunto ieri in redazione, Pcbox srl precisava che il Tribunale di Milanonon ha emesso alcuna “sentenza di condanna”, ma semplicemente un’ordinanza in sede cautelare e sommaria (con verifica limitata per legge al cosiddetto “fumus bonis juris” e non cero alla fondatezza della domanda avversaria)“.

Pcbox srl, anzi ha impugnato il provvedimento (i giudici decideranno in merito all’impugnazione il prossimo 5 febbraio) e ha, dal canto suo, presentato “un esposto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e alla Commissione Europea (DG Competition) al fine di far verificare dagli organi antitrust se sia leggittimo l’impiego di asserite misure tecnologiche di protezione per tutale non già il sacrosanto diritto degli autori e degli sviluppatori di software, bensì rendite di mercato derivanti dalla posizione dominante di alcuni operatori economici“.

In sostanza, da quanto emerso finora, la questione si può risassumere così: Nintendo ha ragione a tutelare i propri diritti nei confronti dei pirati, ma dovrebbe perseguire chi diffonde le ROM piratate (immagini dei giochi ufficiali, scaricabili da Internet) e non chi produce un hardware su cui sì, si possono far girare suddette ROM, ma il cui scopo principale, in realtà, consiste nel dare la possibilità agli utenti di sviluppare autonomamente i propri software e le proprie applicazioni, tant’è che – non va dimenticato – grazie a chipset come l’R4 il Nintendo DS può essere usato anche per vedere foto e filmati, come agenda elettronica e addirittura come PC portatile grazie a un’apposita versione del sistema operativo open source Linux (DSLinux), senza dimenticare che esiste ormai una consistente libreria di giochi “freeware” in quanto sviluppati da utenti volenterosi (per maggiori informazioni al riguardo rimandiamo alla voce “Nintendo DS homebrew” di Wikipedia).

In pratica, guardando la questione da questo punto di vista, sarebbe come promuovere una causa contro le case automibilistiche per gli incidenti causati dai pirati della strada.

Staremo a vedere quale punto di vista decideranno di sposare i giudici del Tribunale di Milano, quel che è certo è che qualunque sia il verdetto finale, avrà un impatto di grande rilievo sul futuro dell’informatica di intrattenimento.