Di sicuro le ferie di Natale non saranno state rilassanti proprio per tutti: tra coloro che hanno dovuto gestire brutte gatte da pelare nel periodo festivo possiamo senz’altro contare anche la softwarehouse coreana NCSoft, nota per giochi multiplayer di massa online come Guild Wars, City of Heroes, City of Villains e Tabula Rasa, che, come dono assai sgradito, sotto l’albero si è ritrovata una “bella” (si fa per dire) citazione in giudizio da parte della statunitense Worlds.com, creatrice di un mondo virtuale sullo stile di Second Life.
Oggetto del contendere? Secondo i manager di Worlds.com, che hanno promosso la causa, i giochi NCSoft violerebbero un brevetto di proprietà dell’azienda americana, inerente un non meglio precisato “Sistema e metodo per consentire agli utenti di interagire in uno spazio virtuale“.
Ignoriamo se i tribunali americani daranno ragione ai querelanti, né abbiamo idea di quali possibilità di successo attribuisca loro la legge USA, è però chiaro che, se Worlds.com dovesse vincere, chiunque altro gestisca un mondo virtuale in cui gli utenti sono rappresentati da avatar (citati espressamente nel brevetto oggetto del contendere) sarebbe passibile di una simile azione legale: Second Life, Sony (di sicuro per il suo Playstation Home, ma anche per i giochi Everquest, SOCOM e LittleBigPlanet), Activision-Blizzard (per World of Warcraft), Mythic (Warhammer online), Codemasters (Lord of the Rings online) e finanche Nintendo (per Wii Connect e i Mii) e Microsoft (che potrebbe ben presto rimpiangere di aver ridisegnato l’interfaccia utente del proprio Live), solo per citare gli esempi più eclatanti.
Tra l’altro, andando sul sito ufficiale di Worlds.com, ci si imbatte solo in tre filmati del tutto insignificanti (vengono mostrati una videointervista e due filmati in una computer grafica iper-datata) e in nessuna applicazione concreta del brevetto depositato.
Sembra quasi che i manager dell’azienda americana abbiano deciso di partire dall’anello più debole della catena (NCSoft), per verificare la possibilità di vincere cause multimiliardarie contro obbiettivi ben più succosi e interessanti (vedi i big citati sopra).
È chiaro comunque che si tratta di una vicenda da tenere sott’occhio, perché, se alla fine non dovesse rivelarvi soltanto una trovata pubblicitaria (di pessimo gusto), potrebbe sconvolgere il futuro dell’intrattenimento digitale.